lunedì 18 giugno 2007

La douche France

Sabato scorso, al Castello Svevo di Porto Recanati si è svolto un interessantissimo appuntamento dell'ArcheoClub con la presenza di Giovanni Carnevale che ha trattato un tema di cui si occupa da molti anni: "La dinastia dei Carolingi nel Piceno". Il Prof Carnevale ne è convinto, la storia dell'alto medioevo carolingio va riscritta, perchè sulla base dei suoi studi, che Acquisgrana era ubicata in Val di Chienti. Andrea Bianchi ci racconta i contenuti della relazione a cui ha partecipato anche un esponente del "Comitato per lo studio della presenza Carolingia in Val di Chienti.

Torri di San Claudio

Dire che è stata una conferenza interessante forse può sembrare una frase di circostanza ma sarebbe davvero difficile dire il contrario. Ci sono situazioni che ci portano a considerare le cose così come ci sono state insegnate, le più giuste anzi le uniche possibili e per questo apprendere che forse esiste una chiave o più chiavi di lettura alternative a quanto sappiamo, può destarci stupore e qualche sospetto eppure a dire il vero, almeno in questo caso, tutto combacia alla perfezione. Che la Grande Storia a volte si condisca delle debolezze umane non deve meravigliare perché se così si può dire, tutto cominciò dalla gelosia e forse dall’odio per un figlio illegittimo, che rinnovava giorno dopo giorno, lo scorno dell’onta subita di non essere stata in grado di procreare la stirpe reale. Plectrude, vedova infruttuosa di Pipino di Heristal, regnante della Gallia dal 680 al 714 d.c., allontanò con modi abbastanza bruschi il figlio che il marito aveva avuto dalla concubina Alpaide, probabilmente più stimolante della sovrana, spedendolo armi e bagagli con un nugolo di Franchi, nella lontana Acquas Grani nel Piceno, a giorni e giorni di cammino al fine di non sentir più parlare di lui né tanto meno di vederne la faccia. Gran brutto carattere la sovrana. Regnante di Gallia era stato nominato poi il piccolo, di appena sei anni, Teodaldo, nipote del defunto re. È chiaro chi detenesse l’effettivo controllo del potere politico e militare; siamo a cavallo tra il VIII e il X d.C., un periodo che ancora oggi presenta molti lati oscuri tutti da chiarire. L’esiliato “sub custodia” nel Piceno, tal Carlo Martello, al di là delle proprie aspettative, si trovò a meraviglia nelle nuove terre, ricche di flora e fauna, tra le montagne e il mare, protetto dalle Clusae dell’appenino umbro-marchigiano, eppure non lontano dal “mondo”, la Roma dei Papi, da non desiderare più il ritorno a casa. I Galli crebbero e si svilupparono a tal punto che cominciarono a creare problemi al vicino Papato e ai dirimpettai bellicosi longobardi, i quali non vedevano certo di buon occhio la crescente prosperità della comunità franca nel Piceno. Sta di fatto che i carolingi (dinastia che si distingueva nel ceppo dei franchi, dai merovingi che regnavano nella Gallia) fecero di Aquisgrana (prima sedes Franciae) presso la Val di Chienti, la capitale del loro nuovo impero e costruirono edifici che ne esaltassero il più possibile la grandezza. Mario Latini, storico di Morrovalle ci ricorda “ogni paese della nostra terra marchigiana vanta di essere stato fondato, toccato, calpestato, difeso, distrutto, onorato da Carlo Magno,re dei Franchi, Imperatore del Sacro Romano Impero d’Occidente.

Carlo Magno

Sono fantasie di uomini che amano la loro terra e vogliono dare ad essa impronta di nobiltà e gloria” (Nebbia di ricordi, profumo di cose perdute), insomma un innamoramento collettivo che continua ancora oggi. Quello che noi storicamente conosciamo come capitale dell’Impero carolingio, è l’Aquisgrana che sorge presso la località di Aachen, nell’attuale Germania, fondata per volere del Federico Barbarossa (nato a Jesi, guarda caso) per ospitare i resti traslati dalla Val di Chienti, di Carlo Magno, nell’anno 1166. Difatti oggi il corpo di Carlo Magno, “patricius romanorum” e fondatore del Sacro Romano Impero, riposa ad Aquisgrana nell’attuale Germania. La scarsità dei documenti in quel periodo (alto Medioevo) oltre che la difficile interpretazione degli stessi ha generato, a detta del relatore, equivoci storici piuttosto eclatanti, che ci hanno indotto a macroscopici errori. Paradossalmente un’operazione culturalmente ineccepibile come il recupero storico e storiografico dell’Alto Medioevo attraverso i pochi documenti disponibili, effettuato dal movimento culturale del Romanticismo tedesco, ha minato le basi per una corretta ed obiettiva valutazione del fenomeno. Tornando a Carlo Martello, dopo aver raggiunto un’alleanza con il vicino re dei Longobardi Liutprando nel 712, e riconquistato il tesoro reale dei Franchi sconfiggendo la regina Plectrude nel 717, lasciò come eredi Carlomanno e Pipino. Il primo vestì l’abito monastico lasciando il titolo al fratello minore Pipino. A sua volta Pipino lasciò l’eredità ai figli Carlomanno (come lo zio) e Carlo che divenne poi alla morte del fratello, unico re dei carolingi, riunificando tutte le terre del padre. Attraverso l’esproprio delle terre della Chiesa (proprio come avevano fatto i Merovingi in Gallia) e la successiva redistribuzione tra i feudatari, pose le basi per la costituzione dell’Impero con una precisa e forte identità. Tutta l’epopea di Carlo Magno è piuttosto nota, almeno nelle sue fasi salienti, quello che è meno noto invece, almeno a quanto sostiene il Prof. Carnevale, è che il fulcro delle vicende che riguardano la sua dinastia, non è al centro dell’Europa come tutti siamo indotti a credere ma in Italia, nel Piceno e per l’esattezza in località San Claudio, dove sorge una bellissima chiesa che è stato lo spunto per l’inizio di tutta la ricerca del Professore Carnevale. Da cosa è partito nella sua valutazione? Dall’osservazione della struttura dell’edificio che incredibilmente rispettava la sezione aurea (detto anche numero di Fidia), sconosciuta all’epoca eppure perfettamente rispettata nella costruzione dell’edificio.

Come era stato possibile? Ciò è stato possibile soltanto grazie alla maestria della manovalanza di origine araba che riproponeva lo schema base con cui costruivano i palazzi e le moschee, ovvero nove “scompartimenti” definiti da quattro colonne portanti. Inoltre altri scavi effettuati nella zona hanno portato alla luce edifici costruiti con archi di tipo sassanide, tipico dei palazzi e delle moschee della penisola arabica. Solo coincidenza? Eppure, secondo alcuni scritti, nella corte carolingia era di casa un emissario arabo del califfo musulmano (dinastia degli Abbassidi), Harun al-Rashid, originario di Bagdad, che mantenendo i contatti tra le due case regnanti, era solito introdurre in occidente novità e particolarità che provenivano dall’Oriente. È probabile che sia lo stesso che ha introdotto artigiani arabi capaci di costruire una chiesa come quella di San Claudio che non ha eguali in altre regioni d’Italia; ritroviamo invece lo stesso schema riproposto nelle sue varianti sovrapponibili, sia in Francia che lungo le coste della Dalmazia. Se da un punto di vista storico (documenti che vanno “riletti” sotto una nuova luce) e architettonico (stesso stile in posti lontani ma evidentemente legati da un sottile legame), esistono elementi che fanno supporre che le cose possono essere andate diversamente da come abbiamo sempre pensato, abbiamo un altro spunto di riflessione che ci viene dalla scienza: un articolo di Alberto Piazza, pubblicato su Quaderni di “Le Scienze” n°86 dell’ottobre 1995, è corredato da un grafico,dal quale risulta che i marchigiani possiedono un patrimonio genetico molto simile a quello delle popolazioni germanico-scandinave. Condividono inoltre con gli abitanti dell’Umbria cromosomi molto simili a quelli di Francesi, Cecoslovacchi e Ungheresi. In parole semplici i più nordici in Italia sono i marchigiani. Solo un’altra semplice coincidenza?

Andrea Bianchi

Fonti immagini carolingi.org e fotogallery di Mariana e Paula Moreno

by giovi

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