domenica 28 gennaio 2007

Cibosearch e Vinosearch

cibosearch

Google Custom Search Engine (CSE), grazie al quale è possibile realizzare dei search engine personalizzati, è il risultato del perfezionamento della piattaforma Google Co-op, un servizio nato in casa Google. Cibosearch e Vinosearch che hanno la forza di Google, nascono da una idea dell'imprenditore marchigiano Antonio Tombolini e sono i primi due motori di ricerca italiani non-profit specializzati sul vino e sul cibo. Si può collaborare all'idea, inserendo il proprio sito o quelli che si ritiene opportuno aggiungere tra quelli che vengono considerati nelle ricerche, tutto è completamente gratuito. Qui le istruzioni e il link per aggiungere siti a Cibosearch o a Vinosearch (è necessario avere un account gmail, in mancanza si può aprire dalla pagina in cui si finisce seguendo i link). I siti considerati sono indicati pubblicamente; le persone che contribuiscono volontariamente alla crescita e all'affinamento del motore di ricerca anche. Non compare alcuna pubblicità, neanche gli annunci di AdGoogle che a volte ci infastidiscono la lettura.

Anche Cronache Maceratesi vuole partecipare al progetto di divulgazione di Cibosearch e Vinosearch Quindi se passa da queste parti un produttore di vino o di cibo, può inserire il sito della propria azienda. Altrettanto può fare chi è appassionato di queste tematiche, un giornalista specializzato, un ristoratore, un ghiottone, un sommelier, un'enotecaro, un food&wineblogger... chiunque ritenga di avere un sito utile da aggiungere. L'importante è insomma che si tratti di siti italiani in cui si parla di eno-gastronomia nei suoi molteplici aspetti. Chi poi volesse inserire il codice Cibosearch o Vinosearch ci sono i codici da copiare e incollare per inserire nel proprio sito i box di ricerca.

Più siamo e meglio stiamo, è l'invito di Antonio Tombolini. Collaborate anche voi di persona o scrivendo nei commenti i nomi dei siti che ritenete sia utile aggiungere.

by giovi

domenica 21 gennaio 2007

Una passeggiata a Pievefavera

Gennnaio 2007. Si riparte, ancora in compagnia di Daniele da Massaprofoglio, di nuovo alla scoperta di paesini maceratesi da visitare. Siamo già stati a Visso, Cessapalombo, Caldarola, Muccia e Pievetorina.

Dove andiamo stavolta Daniele? Stavolta andiamo a Pievefavera, una frazione di Caldarola. Io ci sono stato durante le festività natalizie, il 26 dicembre e il 6 gennaio, da diversi anni a Pievefavera si svolge infatti un presepio vivente. Il borgo intero, ogni via, ogni anfratto, per l'occasione si trasformano. L'iniziativa è nata nel 1995 come esperienza didattica della classe V di Caldarola ed è proseguita nel tempo poichè ha trovato una collocazione ideale nel piccolo centro del borgo medioevale. L'entusiasmo iniziale ha fatto si che da sedici alunni iniziali, siano scaturiti circa novanta figuranti. Genitori, nonni, parenti e amici degli alunni vengono puntualmente coinvolti insieme agli abitanti di Pievefavera. Le finalità dell'iniziativa hanno assunto fin dal primo momento un carattere umanitario: il totale ricavato delle offerte, infatti, viene devoluto in beneficienza. Anno dopo anno si è cercato di ampliare il percorso con nuove scene coinvolgendo sempre più persone e richiamando nel piccolo centro, nel periodo natalizio, un notevole numero di visitatori. Ho fatto delle foto, eccole.

E cosa c'è di interessante a Pievefavera se si visita in altri periodi? Di certo è da consigliare l'Antiquarium posto all'interno della Torre castellare. Nell'Antiquarium sono custoditi materiali recuperati nei campi circostanti il borgo e il cimitero, nonché nel corso di sondaggi condotti dalla Soprintendenza. Alcuni oggetti sono stati rinvenuti dagli stessi abitanti del luogo, durante le quotidiane attività agricole. I primi ritrovamenti casuali a Pievefavera avvennero nel 1883, descritti dal conte Desiderio Pallotta (allora presidente della Commissione Provinciale Conservatrice dei Monumenti e degli Scavi). Nel 1986 i reperti archeologici rinvenuti nell’area furono pazientemente ripresi, studiati e catalogati dal prof. Arnaldo Mazzanti e in parte sistemati nella piazzetta antistante la chiesa e in seguito nella sede attuale. La raccolta archeologica, ha portato all’attenzione degli studiosi questa località del territorio dove fonti di età medievale conoscono una località detta Faveris, o villa Faverii o Favera. Di questo piccolo museo se ne parla in un libro curato dalla Provincia di Macerata che lo descrive di particolare interesse per le due monete puniche e i cocci graffiti. Tra i reperti in mostra anche una collezione numismatica prevalentemente di età romana, suppellettili di uso domestico e di ornamento femminile, frammenti di ceramica arretina, esemplari di ciotole. Chi vuole può curiosare sul sito della Sovrintendenza di Macerata.

Raccontami del lago Certo, il lago di Pievefavera, più conosciuto come Lago di Caccamo. Alcuni dei reperti e dei frammenti presenti nell’Antiquarium, sono stati rinvenuti proprio nella spiaggia del lago, tra queste vi sono delle ceramiche a vernice nera che presentano iscrizioni graffite in lingua latina, si stima che risalgano alla fine del III secolo a.C. Sul lago si può anche pescare e vi si svolgono gare di canottaggio.


Grazie Daniele! Alla prossima!

Fonti immagini del lago: Natura mediterraneo.it

by giovi

giovedì 18 gennaio 2007

Non il solito caffè

Che cos'è? Il caffè solido della Lavazza ed è frutto della stravaganza molecolar-gastronomica dello chef Ferran Adrià. Non è una novità in Italia ma è stato inserito tra the Best Inventions dell'anno 2006 dal Time Magazine ed è stato presentato da pochi mesi negli USA. Per prepararlo, non solo caffè espresso tra gli ingredienti, anche addensanti segreti e uno speciale Gourmet Whip, come ci spiega lo chef sul sito dell'azienda. Nel maceratese non sono segnalati punti di degustazione, nelle Marche se siete interessati dovrete arrivare fino ad Ancona. Gli amanti del caffè espresso tradizionale sanno che non è affatto semplice fare un buon caffè espresso al bar. Per la sua preparazione è fondamentale non solo una buona miscela di caffè e l'acqua giusta, un ruolo importante è svolto anche dalla macchina espresso e c'è una azienda storica maceratese che organizza perfino dei corsi aperti a stranieri, per insegnare loro come si fa un buon caffè al bar. E' la Nuova Simonelli di Belforte del Chienti.

Primo modello della Simonelli (Tolentino,1936)

La Nuova Simonelli, è una delle aziende italiane più affermate nella produzione di macchine espresso. La prima macchina professionale pensata, progettata e costruita dall'ingegner Orlando Simonelli nel suo laboratorio di Tolentino, fu la Simonelli 1936. Mentre le altre aziende avevano ancora, per l'erogazione, il gruppo leva, Simonelli utilizzò per primo una pompa che assicurava l'erogazione continua. Alcuni modelli prodotti nel 1956 ad erogazione continua con pompa oleodinamica sono ancora oggi perfettamente funzionanti in alcuni bar italiani. L'azienda maceratese è presente in 98 paesi e detiene attualmente il 10% del mercato mondiale, esporta in America, Asia ed Europa. Nel 2001 la Nuova Simonelli ha acquisito la Victoria Arduino, marchio storico e di prestigio nell’ambito del settore, nata nel 1905 a Torino. Tanti i locali prestigiosi ed esclusivi che hanno visto in funzione la Victoria Arduino: a Roma l’Antico Caffè Greco di Via Condotti, a Parigi il Caffè Jules Verne in cima alla Torre Eiffel, il Moulin Rouge e l’Operà, e sull’Orient Express. Tra i modelli più conosciuti vi è la Venus, la classica macchina a colonna, icona dell’espresso italiano, un esemplare è ancora operativa presso il Caffè Torino di cui abbiamo parlato un po' di tempo fa. Nel sito della storica azienda è possibile curiosare tra i poster dell'epoca.Tra i manifesti, vi è quello che è considerato un simbolo della Victoria Arduino - divenuto un "pezzo" importante della grafica italiana e internazionale – è del 1922; raffigura un elegante viaggiatore che, sporto dal treno in partenza, si prepara un espresso con la Victoria Arduino, modello Venus. L'autore del manifesto è Leonetto Cappiello, pittore, disegnatore, cartellonista tra i più apprezzati e conosciuti (1875-1942).

I poster mi piacevano tutti, ne ho scelti alcuni da mostrarvi. A tutti gli altri appassionati di caffè, macinini e macchine espresso consiglio di visitare anche i vari musei virtuali in giro per il web. Fonte immagini klimos.org e NuovaSimonelli.it

by giovi

mercoledì 17 gennaio 2007

Orietta Varnelli e l'anice secco speciale tinto di rosa

Ecco l'ultima delle interviste da me realizzate sul Carlino ai candidati al "Maceratese dell'anno".
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Orietta Varnelli

In una provincia dove sono pochissime le donne che ricoprono cariche
importanti, le imprese fanno eccezione: un’azienda su quattro è
«rosa», le imprese femminili sono 8.892. La distilleria Varnelli, nata nel 1868
come azienda artigianale ed erboristica, è stata sempre gestita dalla
famiglia Varnelli affermandosi come leader nel settore dell’anice secco.
Un’azienda di successo e un simbolo di questo costante aumento delle imprese in
«rosa» essendo guidata dalle sorelle Donatella, Gigliola Simonetta e Orietta
Maria, assieme alla madre Elda, presidente della Varnelli dal 1975, anno in
cui morì il marito.
Orietta Maria Varnelli dal 1994 riveste il ruolo di amministratore
delegato, responsabile dell’area amministrazione e della gestione risorse umane,
con incarichi nelle pubbliche relazioni. Dal 2001 al 2004 è stata
presidente regionale del Gruppo Giovani Imprenditori e vicepresidente di
Confindustria Marche.
Come spiega questa crescita delle imprese in «rosa»?
«Le donne possono trovare nell’autoimprenditorialità un modo per
gestire meglio il loro tempo e dedicarsi bene alla famiglia. Secondo me il
mondo femminile ha grandi potenzialità che ancora oggi devono essere
espresse. E’ importante che donne e uomini mettano insieme le proprie peculiarità
in un’ottica di complementarità. Il mio invito alle donne maceratesi è
quello di mettersi sempre in gioco senza rinunciare ad essere donna».
Qual è il segreto del successo della Varnelli?
«L’essere rimasti sempre legati alle tradizioni: la produzione non è
mai cambiata, le ricette sono rigorosamente segrete, affidate solo a noi
di famiglia e tramandate di generazione in generazione. A questo è
comunque abbinata una spinta innovativa del prodotto, dal metodo di
confezionamento alla gestione organizzativa. Siamo sempre stati sempre molto attenti
alla comunicazione, a cominciare da nostro padre che già nel 1949 discusse
una tesi sulla pubblicità in Economia e commercio».
La distilleria Varnelli ha la sede legale a Pievebovigliana mentre da
dieci anni la sede operativa si è trasferita Muccia. Un’azienda molto
legata al territorio?
«Sicuramente questo è uno dei nostri punti di forza. A cominciare dal
1868 quando il nostro bisnonno Girolamo nel chiamare il suo amaro «Amaro
Sibilla» aveva capito l’importanza del legame con il territorio. Siamo molto
attaccati all’entroterra maceratese, ma percepiamo un grande affetto
in tutte le Marche. In tanti considerano molto difficile fare impresa
nell’Alto Maceratese, a causa delle carenze logistiche e non, come la mancanza
della banda larga. Ma noi non abbiamo mai pensato di trasferirci perché
questo è un territorio bellissimo, con un altissimo livello di qualità delle
relazioni umane. E poi è un privilegio affacciarsi dalla finestra e
vedere mucche e pecore sulle colline circostanti. Un territorio che ha grandi
potenzialità e deve essere valorizzato».
La più grande soddisfazione del 2006?
«Oltre alla costante crescita dell’azienda e alle soddisfazioni
quotidiane c’è un progetto che ci ha appassionato: l’attivazione dell’iter per la
tutela dell’ambiente che si concluderà entro il 2007».
Nel 2008 la Varnelli celebrerà i suoi 140 anni. Una lunga avventura
iniziata a Fiordimonte, prima del trasferimento - all’inizio del
secolo scorso - a Pievebovigliana. Cos’è cambiato nel corso degli anni?
«Abbiamo sempre cercato di cambiare il meno possibile. Da noi non
esiste il turn-over e abbiamo diversi collaboratori storici che hanno un grande
senso di appartenenza all’azienda. E lo slogan è sempre quello ideato dal
nonnoAntonio: «A farmi preferir basta un assaggio».

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by Matteo Zallocco

mercoledì 10 gennaio 2007

Ecco dove si formano gli insegnanti del futuro

Ecco l'intervista a Michele Corsi pubblicata qualche giorno fa.
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Professor Corsi, la possiamo definire un docente maceratese doc?
«Direi proprio di sì: vivo a Macerata dal 1968 e da 34 anni insegno in questa Università. Dopo 28 anni di lavoro nella Facoltà di Lettere, dal 2000 sono a Scienze della formazione».
Facoltà di cui è diventato preside il 5 novembre del 2003. Come è cambiata in questi tre anni? «Scienze della formazione è ripartita ufficialmente nel 2003 con poche centinaia di iscritti: ora siamo arrivati a 3.000 studenti».
La sua più grande soddisfazione nel corso di questo 2006?
«Sono due, una a livello istituzionale e una a livello privato: la crescita in quantità e qualità - anche per quanto riguarda il corpo docenti - di questa Facoltà; e la laurea di mio figlio Armando».
E’ anche risultato il primo degli eletti all’interno del Consiglio direttivo della Società italiana di pedagogia per il triennio 2006-2009...
«Sì, ricevere 140 voti dai pedagogisti di tutta Italia è stata un’altra bella soddisfazione».
Qual è il punto di forza di Scienze della formazione?
«E’ una Facoltà giovane e come quando si è giovani c’è molto entusiasmo. Siamo una bella squadra e inoltre abbiamo un rapporto fortissimo con il territorio e con molte altre sedi universitarie, anche dell’Africa, dell’Asia, e di altre nazioni europee. Inoltre collaboriamo con molti centri studi nazionali di eccellenza. La maggior parte di questi rapporti sono nati nel corso del 2006».
Quali sono, invece, i problemi con cui dovete convivere?
«Stiamo crescendo troppo in fretta e ogni giorno abbiamo problemi di spazio, soprattutto per quanto riguarda i parcheggi. Fortunatamente quest’anno ci siamo trasferiti in questa nuova struttura di Contrada Vallebona: nella vecchia sede di viale don Bosco gli ostacoli sarebbero stati insormontabili».
L’offerta didattica della Facoltà di Scienze della formazione vede attivi i Corsi di laurea triennali di Formazione e gestione delle risorse umane, Formatore per l'e-learning e la multimedialità, Formazione e gestione dei sistemi turistici; quelli specialistico-magistrali di Pedagogia e Scienze umane, Pedagogista della marginalità e della disabilità; unitamente al Corso di laurea quadriennale in Scienze della formazione primaria aperto quest'anno a 400 nuove immatricolazioni. Insomma, l’offerta si è notevolmente ampliata...
«Quest’anno abbiamo inaugurato nuovi corsi e c’è stato un vero e proprio boom di iscritti. Abbiamo anche attivato - in convenzione con il Cup (Centro universitario del piceno) - il corso di laurea triennale in formazione e gestione delle risorse umane nella sede distaccata di Spinetoli».
Cosa va e cosa non va all’Università di Macerata?
«Ormai abbiamo un governo unitario, collegiale, condiviso. Basti pensare che il rettore Sani è stato rieletto a giugno con l’80% dei voti. Stiamo vivendo un momento d’oro. Secondo il mio parere non abbiamo grossi problemi ma dovremo investire sempre più sull’internazionalizzazione e l’alta formazione superiore, e costituire in questo Ateneo delle strutture d’eccellenza perchè abbiamo docenti di primissimo piano. Oltretutto la nostra Università è molto legata al territorio: abbiamo legami solidi con enti e istituzioni, dal Comune alla Provincia, dalla Camera di Commercio alla Fondazione Carima, da Confindustria a Banca delle Marche».
Quale sarà il futuro di Michele Corsi?
«Nel 2021 andrò in pensione e a quel punto non metterò più piede qui dentro. Ma nei prossimi 15 anni continuerò a lavorare con tutto il cuore nella mia Università».

by Matteo Zallocco

martedì 9 gennaio 2007

Tra girasoli e ulivi

Ieri sono stata in giro per le campagne maceratesi, in occasione della manifestazione "Le strade dell'olio", ho visitato l'azienda agraria Gabrielloni a Recanati. Assaggi degli oli monovarietali in compagnia di una delle propretarie, e una mostra di quadri tra gli alberi d'ulivo, alcuni secolari. Ecco le foto. Raggia, mignola, Piantone di Mogliano, sono i nomi delle varietà di olive coltivate, sembra che ne esistano centinaia.

by giovi