domenica 26 ottobre 2008

PhotoLive-blogging dal Salone del Gusto

La mastodontica struttura in cui si svolge il Salone, entriamo...

senza cartina è davvero difficile orientarsi...

0re.10.45- non ho ancora incontrato il sindaco di Sant' Elpidio a mare, dicono che sia qui per presentare l'asparago di San Giuseppe, io non lo avevo mai sentito, e voi?

ore 12.00- Ecco lo Stand della Regione Marche che ospita le cinque province: Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Fermo e Pesaro-Urbino.

Se siete stanchi ci sono gli sgabelli con carta riciclata.

Queste sedie di cartone sono adorabili, viene la tentazione di prenderne qualcuna per casa...

Di nuovo davanti allo stand della regione Marche che ospita anche la provincia di Macerata. Certo che si poteva arredare un po' meglio... :)...

Di certo il Salone del Gusto è una vetrina importante... non so quanto costi però alle varie amministrazioni avere uno spazio qui a Torino. Si cominciano a fare dei bilanci e si parla di più di 105.000 visitatori, a 20 euro a testa, si fanno presto i conti...

Poteva mancare l'area delle città Slow?

Quanti comuni SLOW ci sono nelle Marche?

Lo Slogan del Salone è "Cibo Buono, Pulito e giusto". Le Marche sono una regione Buona, Pulita e giusta? :)

by giovi

giovedì 23 ottobre 2008

Maceratesi in trasferta al Salone del Gusto


Anche quest’anno non riuscirò ad essere al Salone del Gusto a Torino, ma non potevo non dare uno sguardo al ricco programma di incontri, degustazioni, mercatini conferenze e presidi in mostra al Lingotto per vedere come verrà rappresentato il territorio marchigiano e maceratese. Sarà un Salone che terrà conto dell’impatto ambientale, quindi in giro non si vedranno né moquette, né borse di plastica, né vernici sintetiche né allestimenti usa e getta perché materiali di difficile smaltimento. Da questa edizione e nelle future, l’impegno è di ridurre le emissioni di anidride carbonica e arrivare quanto più possibile vicini all'impatto zero. Quest'anno il traguardo è fissato ad una riduzione del 50% dei rifiuti per i due eventi, il Salone e Terra Madre. Nell'ultima edizione era stato riciclato il 17% dei rifiuti.

Le Marche saranno rappresentate in uno stand regionale, come nelle precedenti edizioni, inoltre saranno presenti le singole province con nutriti drappelli di amministratori pubblici, assessori e addetti ai lavori. Oltre ai classici prodotti locali (olio, formaggi, legumi, salumi, miele e derivati, confetture, conserve vegetali, mele rosa, vino) quest’anno l'Assessorato all'agricoltura della Provincia di Macerata ha puntato sul caciofiore, un particolare formaggio a pasta tenera la cui particolarità consiste "nella sua realizzazione con un caglio vegetale ricavato dal fiore di una pianta selvatica dei Monti Sibillini". La provincia ha avviato un progetto di recupero proprio di questo particolare formaggio. Tutti definiscono il cacio fiore maceratese una chicca per via dell’uso del caglio vegetale. A dire il vero l’uso del caglio vegetale è piuttosto esteso nel Mediterraneo e già diverse regioni come il Lazio e la Toscana ne fanno uso per produrre pecorini, alcuni già sotto l’ala protettrice della Slow Food. Credo che anche per il cacio fiore maceratese si tratti di caglio ricavato dal cardo selvatico, ho cercato di saperne di più rincorrendo al telefono uno dei produttori ma la ricerca è stata vana.

Cardo selvatico

Fin dall’antichità il fiore del cardo selvatico era usato per caseificare e l'uso della presura, è una tradizione antica. Gli agenti coagulanti sono enzimi proteolitici che attaccano le caseine del latte e destabilizzandole hanno un'azione analoga a quella del caglio animale. Le testimonianze storiche in proposito sono molte. Si possono citare per tutti tre autori del XV secolo. Lorenzo Magalotti, diplomatico e uomo di scienza di epoca medicea, in un manoscritto riporta la ricetta del marzolino prodotto con il fiore del cardo. Francesco Redi nelle "Esperienze intorno alla generazione degl'insetti" descrive i suoi esperimenti condotti sui marzolini e le ricotte di Lucardo che venivano tradizionalmente prodotti con la presura. Pantaleone da Confienza nella "Summa Lacticiniorum" descrive i diversi metodi per ottenere la coagulazione del latte e tra questi cita il fiore del cardo. "Conviene coagulare il latte con caglio di agnello o di capretto, quantunque si possa anche rapprendere con il fiore del cardo silvestre o coi semi di cartamo o col latte di fico. In ogni modo il cacio migliore è quello che è stato fatto col minimo possibile di medicamento" affermava infine Lucio Giunio Moderato Columella nel De Re Rustica, 50 d.C. Il CacioFiore facendo uso di caglio vegetale si prepara in Lazio e in Toscana. Qui sotto una mia foto del caciofiore laziale e gli steli del cardo selvatico.

Tra gli "Appuntamenti a tavola" del Salone che prevede venti cene a programma in ristoranti di Torino, tra nobili dimore e castelli del Piemonte ci sarà "Un giardino di sapori" affidato a Maria Pia Cioccoloni, socia della Slow Food-Corridonia. Maria Pia, imprenditrice molto attiva del Ristorante e Agriturismo "Giardino degli Ulivi" a Castelraimondo (MC), in occasione del Salone del Gusto, avrà l’onere e l’onore di proporre un menù nella splendida cornice della Villa Contessa Rosa nella Tenuta Fontanafredda (CN).
E poi? Ci saranno loro le “vergare” della Proloco di Piediripa di Macerata. Sono loro le protagoniste da un po’ di anni delle principali fiere e manifestazioni enogastronomiche maceratesi, erano al RACI e a Fritto Misto. Le vergare che un tempo “tiravano” la pasta sfoglia, saranno anche quest’anno una attrazione sicura al Salone di Torino.
Poteva mancare la Varnelli? Curiosando nel programma l'ho trovata. Domani l'azienda di Muccia rappresenterà il territorio maceratese nell'ambito di “I distillati del Mediterraneo” che permetterà agli appassionati di conoscere erbe e culture diverse alla base della produzione di liquori e distillati lungo le sponde del Mediterraneo.

by giovi

lunedì 20 ottobre 2008

Da Facebook alla Maratona di scrittura a Matelica


Da qualche giorno in rete si parla dell’ultima uscita del Garante della Privacy Pizzetti che suggerisce agli utenti della rete di iscriversi ai social network utilizzando un nickname. Ok, ma se scrivessi sotto un nome inventato, su Twitter o su Facebook, i social networks perderebbero la loro funzione, che sciocchezza! Io faccio un uso molto soft di Facebook, non ne ho ancora esplorato le potenzialità, vantaggi e svantaggi. Però è proprio da Facebook e dai miei contatti che sono venuti degli inviti interessanti. L’ultimo è di Luca Lorenzetti che sta usando il social network Facebook per invitare a partecipare ad un evento culturale che contribuisco volentieri a far conoscere. Si tratta della "Maratona di scrittura" a "LibriAmo" che si svolgerà a Matelica durante il prossimo week-end. La sfida è di scrivere un racconto breve in due ore o poco più. Ecco come viene presentato da Luca stesso l’evento che si svolgerà sabato 25 ottobre 2008 nel giardino di Palazzo Ottoni a Matelica. "Avete mai provato a sfidare voi stessi scrivendo un racconto mentre un cronometro segna il tempo che passa? Questa è la scommessa che dovranno accettare i partecipanti alla Maratona di scrittura di LibriAmo: due ore e poco più per comporre un racconto breve, che poi verrà esaminato da una giuria. Per i 3 migliori racconti sono stati messi in palio ghiotti premi.

La partecipazione alla maratona è gratuita e aperta a tutti, ma il numero degli iscritti è fissato a un massimo di 15. Per saperne di più: Libriamo.Marche.it o anche: Scritturacreativa.com.

Proprio su Facebook si possono vedere i contatti che hanno già aderito... avanti c’è posto!

Qui il programma completo della manifestazione che prevede anche diverse presentazioni di libri.

by giovi

giovedì 16 ottobre 2008

Le telecamere di Linea Verde nel maceratese



Dove sono le telecamere di Rai 1 in questi giorni? La troupe è nella campagna circostante la zona di San Leopardo a Recanati, Monte San Giusto e altri comuni, per girare i vari spezzoni della trasmissione Linea Verde. Sarà infatti parte del territorio maceratese il protagonista di una delle prossime puntate. Ieri le telecamere erano nell’azienda agricola dei Conti Leopardi, per riprendere alcune fasi della raccolta di legumi con una intervista al proprietario Vanni Leopardi. Poi le riprese si sono spostate a Casina Bonafede che si trova a circa due km dal centro abitato, di Monte San Giusto, in zona Campiglia. La famiglia Bonafede è stata una delle famiglie più influenti di Monte San Giusto, nel periodo rinascimentale Niccolò Bonafede, vescovo di Chiusi e abile condottiero al servizio dello Stato Pontificio decise di stabilire nella propria città natale una vera e propria corte.
Ho avuto la possibilità di assistere alle riprese in questa bellissima dimora anche conosciuta come “La Coriolana,” che di recente è stata completamente restaurata. Prima la presentazione di due piatti tipici come il “brodetto” e il polentone. Poi le telecamere hanno ripreso i vari tavoli su cui erano disposti i vari prodotti del territorio tra cui spiccavano le mele rosa, salumi, ciauscolo e formaggi.


Protagonista della puntata anche l’olio extravergine, produzione, qualità organolettica, uso nell'alimentazione e uno spazio in cui si è parlato dei suoi benefici effetti sulla salute. Di cose ce ne sarebbero tante da dire. Come si fa a concentrare tutto in due minuti?



Oggi la troupe sarà a Recanati tra gli uliveti dell’azienda delle sorelle Gabrielloni. C’erano anche loro ieri alla Coriolana, e si è parlato anche della loro ultima creazione, la prima marmellata di olive italiana: "Armonia d'olive" composta da olive fresche mature (55%), zucchero, succo di limone, buccia di limone, cipolla, miele e zenzero. La marmellata ha interessanti proprietà nutrizionali infatti oltre che per il basso contenuto di lipidi (pari al 6%), ha un altissimo contenuto di composti fenolici che sono composti che esercitano numerosi ruoli protettivi. Il prodotto presentato alcuni mesi fa, è già stato utilizzato da docenti e studenti dell'istituto alberghiero di Cingoli in varie ricette e abbinamenti. Suggerito dalle due imprenditrici l’abbinamento con bolliti di carne o con formaggi non stagionati.

Tra i dolci in mostra, la cioccolata dell’azienda maceratese Marangoni. L'azienda ha presentato la “cioccolata con l’olio extravergine di oliva”. I vari cioccolatini sono stati molto apprezzati da tutti i presenti.
Oggi incursioni di Linea Verde anche al mercato ittico di Civitanova.

by giovi

martedì 14 ottobre 2008

Master in giornalismo partecipativo all'Università di Macerata

Ne sento parlare continuamente, del fenomeno del Citizen Journalism, del giornalismo partecipativo, dei mainstream media, dei nuovi media, dell'evoluzione dei mezzi di comunicazione e di come cambia velocemente il modo di creare, fruire e distribuire la cultura, l'intrattenimento, l'informazione.

Un po’ mi sento partecipe anch’io delle nuove forme di informazione digitale, la curiosità fa il resto ed ecco uno dei quei corsi a cui mi piacerebbe iscrivermi se non avessi impegni di lavoro e familiari che spesso limitano i miei spostamenti. Ma magari come uditrice, chissà, potrei partecipare a qualche incontro del nuovo Master in giornalismo partecipativo promosso dall'Università di Macerata.

Le iscrizioni sono aperte fin da ora e scadono tra poco più di un mese. Leggo dal sito dell’università di Macerata che l'inizio delle attività didattiche sarà gennaio 2009, il master avrà durata annuale. Non manca un blog in cui il promotore, il prof. Gennaro Carotenuto, che insegna Storia del Giornalismo e Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata, spiega le motivazioni che hanno portato all’attivazione del percorso formativo.

I soggetti a cui il master si rivolge sono laureati - laurea magistrale o vecchio ordinamento - in discipline della comunicazione, politologiche, sociologiche o umanistiche, che siano interessati a lavorare, o già lavorino, in ONG, media cooperativi, media no profit e in generale nati fruendo delle nuove possibilità aperte da Internet. Ad essi saranno fornite competenze per esercitare la funzione giornalistica o di media-officer, operatore di web-tv, web-radio, affinandole anche in caso di giornalismo free-lance.

Al master, con moduli didattici concentrati tra il venerdì e il sabato, per agevolare la partecipazione degli iscritti che lavorano, hanno confermato la loro partecipazione alcuni docenti esterni tra cui Gianni Minà, Rodrigo Vergara, fondatore e direttore di Arcoiris.tv, Alma Grandin, del Giornale Radio Rai, Luca Conti, del supplemento sull’innovazione de “Il Sole 24ore”, Emanuele Giordana, conduttore di “Radio 3 Mondo” Rai e direttore dell’agenzia di stampa Lettera 22, Marinella Correggia, tra le massime esperte italiane di giornalismo e consumo critico, Marina Forti, responsabile della redazione Mondo del quotidiano “Il Manifesto”. Alcune testate si sono mostrate disponibili ad ospitare stage, tra cui Radio Uno Rai, il quotidiano “La Stampa”, ArcoirisTv, CORECOM MEDIA NEWS testata giornalistica on line.

Il bando con le informazioni sui moduli didattici lo trovate qui. Avete tempo fino al 21 novembre 2008 per iscrivervi.

by giovi

giovedì 9 ottobre 2008

Come andare in brodo di giuggiole

Proprio in questo periodo maturano le giuggiole, ieri pomeriggio dall’albero che ho piantato alcuni anni fa, ne ho raccolte un po’ che vorrei usare per fare qualche ricetta. Il giuggiolo, importato dalla Siria dai romani, inizialmente è stato utilizzato come pianta ornamentale, poi considerato e rivalutato come un vero e proprio albero da frutto per le sue interessanti proprietà nutrizionali, tuttavia le giuggiole non si trovano spesso e sono considerate frutti dimenticati. Si consumano fresche o essiccate e si possono usare anche per preparare marmellate e sciroppi. Nella zona del monte Conero in passato, gli alberi erano più diffusi e i frutti si usavano per preparare una bevanda fermentata lo zizifo. La tradizione vuole che gli abitanti delle campagne marchigiane lo considerassero pianta sacra e al sorgere e al calar del sole lo onorassero con il segno della croce. Nella civiltà contadina le giuggiole erano considerate tra i frutti pettorali perché indicate per la cura della tosse.

Per preparare il salutare brodo di giuggiole ci sono diverse versioni. Il decotto può essere preparato approssimativamente come segue: acqua ½ litro, giuggiole ben mature 1/2 kilogrammo e 100 grammi di miele, far bollire per far spappolare i frutti, poi filtrare.

Interessante anche lo Sciroppo di giuggiole: Mescolare giuggiole e zucchero in proporzione 1:0,5. Conservare in recipienti di vetro e girare di tanto in tanto per facilitare il dissolvimento dello zucchero.

Su ebay si trova un liquore prodotto da una azienda maceratese, la Sigi, di cui ho già parlato. Si chiama Giuggiolone, ma non si tratta di brodo di giuggiole, è un vino dolce che ha richiesto diversi anni di ricerca per essere messo a punto.

Perchè si dice andare in brodo di giuggiole? che significa struggersi di gioia,di piacere? Probabilmente è un richiamo al tenore zuccherino dei frutti. Nel dizionario "Frase fatta, capo ha" sui modi di dire di Giuseppe Pinto si legge che la frase è la corruzione di un precedente detto: andare in brodo di succiole, la succiola nell'uso popolare toscano è la castagna cotta nell'acqua-. Una frase sinonima in disuso è andare in sollucchero.

Altre ricette oltre a brodo e sciroppo di giuggiole? potreste provare a preparare a casa il liquore di giuggiole, ecco come fare:

Ingredienti: 500 g di giuggiole, 0.5 litri di alcool, 2 hg di zucchero, scorza di limone non trattato, mezzo baccello di vaniglia. Porre tutto in un vaso , coprire e mettere all'aperto. Mescolare di tanto in tanto per agevolare lo scioglimento dello zucchero. Far maturare per qualche mese. Le giuggiole le potrete usare come snack dopo pranzo, il liquore troverà impiego come digestivo.

Disclaimer: l'autore di questo blog non ha interessi o collaborazioni con l’azienda citata nel post.

by giovi

martedì 7 ottobre 2008

Così sono trascorsi gli anni migliori- Il libro di Eno Santecchia

Eno Santecchia che ha già inviato in passato dei contributi interessanti da pubblicare, ci ha fatto avere una copia del suo libro "Così sono trascorsi gli anni migliori" (Lavoro Editoriale).

Andrea Bianchi, che ringraziamo, lo ha letto per noi.

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Figlio mio sono contento che sei tornato, ma avete perso tutto”. Con queste parole veniva accolto chi era appena tornato dai tormenti della guerra e della prigionia. In esse si rinchiudeva l’impossibile abbraccio tra chi patendo la vita grama era rimasto con chi invece, miracolosamente, era tornato a casa. Da questo dolore represso con forza d’animo è ricominciato il cammino di chi ha ricostruito un paese distrutto dall’assurdità del Regime, un percorso costellato di queste “minuscole” vite che si affacciano come stelle cadenti nel cielo della Storia, fatta con i suoi grandi personaggi e le loro avventure da raccontare. Vicende lontane nel tempo che mantengono intatta la forza del monito affinché non accada più. “Avevamo vent’anni siamo stati mandati a soffrire e morire in tutto il mondo contro altri giovani come noi, e al ritorno tutto era più difficile” ricorda con durezza quanto è ingiusto giocare con le speranze dei giovani e far patire loro i nostri errori, privandoli degli anni migliori.

Un percorso di vita che si snoda dalle dolci colline marchigiane alle sabbiose dune della Libia, colonia dell’Impero, per finire nei campi di prigionia in India. La brutale scoperta della propria impotenza di fronte alla forza del nemico, nascosta dalla propaganda che decantava oltremodo le dotazioni dell’Esercito Regio. Amarezze e delusioni che nulla tolsero all’ardore, al coraggio e all’eroico impegno dei nostri soldati, al contrario di quanto si sia detto o scritto a sproposito. Quei ragazzi che possono essere stati i nostri padri o i nostri nonni, “uomini dalla tempra eccezionale, abituati a resistere alla fame, sete e freddo, alle privazioni e alle malattie”, ci ricordano un passato a prima vista poco edificante di cui non andar fieri, ma che è comunque la si voglia vedere, parte della memoria del nostro Paese. Nicola Santecchia, lontano da casa per oltre sei anni di guerra prima, e dura prigionia dopo, ci rammenta col suo modo di fare che anche in condizioni avverse e lontano dai propri affetti non si perde la dignità, anzi la si difende con l’onore e il sacrificio del decoro della propria anima e spirito, l’orgoglio del lavoro seppure per il nemico, quando invece “alcuni oziavano nel modo più assoluto, diventando esseri apatici, (che) non si interessavano di nulla e si abbruttivano sempre di più. Questi prigionieri furono quelli che subirono i danni psicologici maggiori”.

Episodi brutali come il giovane ucciso all’assalto del grano all’ammasso a Colmurano nella primavera del 1944, oltre al sacrificio dei giovani Glorio della Vecchia, Giovanni Fornari e Guido Pacioni, tutti ventenni o poco più, sfatano il mito della “mitezza” del Regime Fascista che da tempo oramai si va affermando sempre più nell’opinione pubblica per bocca di improvvidi politici o in malafede o poco avvezzi ai libri di Storia, smascherando le orrende malefatte dei camerati nella provincia di Macerata. Una memoria da mantenere viva per non ripetere mai più gli stessi errori. Alla domanda frequente che tormentava quei ragazzi, reduci di guerra, sulla via di ritorno a casa, “come sarà ridotta l’Italia dopo i bombardamenti, dopo l’invasione tedesca, dopo la guerra civile e tutto il resto”, essi seppero rispondere nel miglior modo più semplice possibile, dando il proprio concreto contributo in prima persona, come sempre avevano fatto. Un insegnamento per le generazioni future per affrontare le difficoltà della vita, riscoprendo l’esempio dei propri genitori e nonni.

Colpisce leggendo questo libro, la formidabile parabola di un uomo che a bordo della Strathaird, dopo un lungo viaggio dal 1 agosto 1946 da Bombay al 22 agosto a Napoli, conclude un’esperienza unica e straordinaria che senza snaturare la sua natura di individuo che “odiava l’ozio e il perder tempo inutilmente”, lo porta a “sentirsi vivo” anche lontano dall’amata famiglia, rendendosi comunque utile. Sta proprio qui nel tratto tipicamente marchigiano della laboriosità del Santecchia, la “familiarità” di questo libro, come fosse l’esperienza del nonno e del padre di ognuno di noi. Un’avventura incredibile a dimostrazione che anche la più nota delle vicende storiche nasconde, come in un grosso baule, una miriade di “minuscole” esperienze umane che sebbene più esposte all’oblio, nulla hanno da invidiare alle mirabili gesta tramandate dei grandi personaggi della Storia, che pure qui nel racconto non mancano.

Andrea Bianchi

by giovi