giovedì 14 settembre 2006

I Marchigiani: I Magna-Polenta

Se dico culaccione, ottofile, fusello, cinquantino, nostrale, di cosa sto parlando? di alcune varietà di mais conservate presso il Cermis (Centro Ricerche e Sperimentazione per il Miglioramento Vegetale) “N.Strampelli” di Tolentino nell'ambito di un progetto che si prefigge la valorizzazione di alcune varietà tradizionali di mais. Ne ho sentito parlare sabato scorso all'incontro divulgativo inserito nella manifestazione che Piediripa (MC) ha dedicato al mais e alla Scartocciata. Insieme a me c'erano Carlo Cambi, giornalista pubblicista, fondatore de “I Viaggi di Repubblica” e docente al Corso di Laurea in Scienze Turistiche di Macerata, e il ricercatore Michele Piccinini del Cermis. Dal mais si ricavano oggi molti prodotti, basta pensare ai corn flakes, ai pop-corn, vari estrusi oltre all’amido e all’olio. I chicchi possono essere arrostiti sulla griglia o lessati e consumati freschi o inscatolati. In passato il mais invece significava solo polenta, cresce e pane e ne troviamo diverse testimonianze nella storia dell’alimentazione. La coltivazione del mais rivestiva un ruolo importante anche nelle Marche e in provincia di Macerata. Ne sono derivati anche blasoni popolari e proverbi. I marchigiani venivano chiamati magna-pulenta e si diceva "A Roma ce se magna la pulenta; i Marchigiani che ne magna tanta l’aguzza l’appetito e li tormenta”. Nel Comune di Treia (MC) e zone limitrofe la coltivazione era piuttosto diffusa come testimonia una documentazione storica risalente al XVI e XVII secolo, conservata presso l'Accademia Georgica di Treia riguardanti scambi commerciali di mais che trasformato in polenta o pane o “crescia”, permetteva di sfamare la famiglia. Si diceva: "La predica e la pulenta è fatta pè i cuntadì" e nella raccolta di stornelli recanatesi curata dal poeta Giacomo Leopardi leggiamo "I contadì fatica e mai non lenta e' l miglior pasto sua è la polenta" in ricordo di una dieta monotona priva spesso di condimenti. Nel maceratese, alcuni agricoltori hanno conservato le vecchie varietà di granturco e la sua coltivazione è ancora diffusa in appezzamenti mediamente piccoli. I molini che lavorano il prodotto ancora oggi sono essenzialmente a pietra. Nel maceratese come in altre zone, sono state tramandate antiche tradizioni popolari contadine, come "la scartoccia" - operazione di pulizia delle pannocchie dalle brattee – che in passato veniva eseguita manualmente e rappresentava un momento di incontro e di socializzazione tra gli abitanti della campagna.

Con il mese di settembre iniziano in tutte le Marche le sagre dedicate al granturco e al suo ruolo nell’alimentazione contadina.Diverse sono le ricette in cui ancora oggi si impiega il granturco: pane e pizza, frittelle, polenta e tagliatelle fino ai “tutuli” arrostiti o lessi. Altri piatti della tradizione maceratese sono i sciughitti e la vruscata. Vi ho fatto venire fame? Se vi siete persi i menu' della Scartocciata e anche l'appuntamento di Apiro, avete ancora una opportunità. Il prossimo weekend dal 15 al 17 Settembre, si terrà la trentesima edizione della Sagra della polenta di Santa Maria in Selva, località nei pressi di Treia (MC). Molti altri saranno gli eventi in programma nei prossimi mesi in tutta la regione fino ad arrivare alla conosciuta contesa della Polenta nel pozzo di Corinaldo (AN).

by giovi

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