martedì 19 febbraio 2008

Abbazia di Monastero, un'occasione mancata

Oggi siamo lieti di ospitare un contributo che ci ha spedito il Sign. Eno Santecchia. E così con lui riprendiamo il viaggio nella provincia maceratese. Guardando le foto mi è venuta voglia di essere in quel luogo che Eno ci descrive. Si tratta dell’Abbazia di Santa Maria in Insula (oggi San Salvatore) di Cessapalombo, sita a Monastero, a pochi metri dalla strada provinciale 91 che da Pian di Pieca conduce a Fiastra. La prossima volta che sarò in zona, mi fermerò di certo. Buona lettura!

Riprendiamo il viaggio nella provincia maceratese in compagnia di Eno Santecchia.

Se non richiamasse all’attenzione per il campanile a vela e per il triforio del lato sud, sembrerebbe un casolare in disuso. Infatti, prima del suo abbandono definitivo, fu adibita a casa colonica e magazzino. Invece è un’abbazia che deve aver svolto un ruolo attivo nella formazione dell’Europa medioevale da parte degli ordini monastici. Si tratta dell’abbazia di Santa Maria in Insula (oggi San Salvatore) di Cessapalombo, sita a Monastero, a pochi metri dalla strada provinciale 91 che da Pian di Pieca conduce a Fiastra. Questa struttura nacque a cavallo tra il X e l’XI secolo, edificata - si dice - per opera di San Romualdo, probabilmente con materiali derivanti da una villa romana, usata in seguito come fortificazione a difesa dalle incursioni barbariche. L’architettura della chiesa è stata definita benedettina con inclinazioni ravennati o “adriatiche”, una cultura figurativa che trae origini dall’arte romana con sperimentazioni bizantine, interessata anche alle forme e alle curve orientali. La cripta possiede delle colonne in arenaria, munite di pregevoli capitelli scolpiti, tra i più antichi delle Marche. Il monastero si trovava lungo percorsi commerciali e spirituali, sull’itinerario che attraversava i Sibillini per giungere a Roma, ai confini dell’influenza delle potenti abbazie benedettine di Farfa e Casauria che possedevano ampi territori nelle Marche. Dai suoi 434 m s.l.m. dominava la vallata del Fiastrone, per certi versi il convento era meno isolato di oggi. Fu danneggiato dai forti sismi del 1279, del 1799 e altri, subendo numerosi rimaneggiamenti, anche grossolani, che hanno stravolto lo stile originale. Un’abbazia interessante dal punto di vista storico-architettonico, oggetto delle tesi di laureandi delle facoltà di Architettura dell’Università di Roma (Simona Raponi), di Firenze (Adriana Malpiedi) e di Pescara che hanno dovuto affrontare la scarsità di dati documentali verificabili, se non inesistenti. Una serie di circostanze ha fatto sì che l’antico monastero non sia mai stato restaurato razionalmente e ancora oggi resti inagibile e dimenticato dai più. Padre Natale Sartini, frate minore e parroco di Monastero con la passione per gli scavi, s’impegnò a ridare vita a questi luoghi abbandonati, segno di un’intensa spiritualità.

Panorama dall'Abbazia

Negli anni ’60 e ’70 fece tutto il possibile per riportare alla luce tutta l’abbazia, compresi i ruderi dell’ala nord sepolti dalla terra, per restaurarla e renderla agibile. L’energico frate favorì la costruzione di strade tra cui la Monastero - San Liberato e riaprì la grotta dei Frati. A causa della mancanza di fondi e di un progetto organico, riuscì solo in parte nell’intento: fu lasciato solo dalla Soprintendenza. La gente del luogo, invece, collaborò con diverse giornate lavorative. In quel periodo le monache Clarisse di Fermo ottennero di trascorrere nella parte abitabile dell’abbazia alcune settimane di vacanza per motivi di salute, ciò fino all’inizio degli anni ’70 quando costruirono un’abitazione vicino l’abbazia. Dall’inizio degli anni 1980 quando padre Natale partì, chi voleva visitare quest’abbazia la trovava chiusa: era utilizzata in parte solo nelle domeniche estive. Negli anni ’90 l’apertura estiva non fu più attuata, l’utilizzo fu ridotto al minimo e fu visitata solo da qualche gruppo di scout e dai ragazzi della gioventù francescana. Se si esclude il restauro del tetto, da quel periodo in poi non sono stati più eseguiti altri lavori per il consolidamento strutturale dello stabile. Gli ostacoli insuperabili sono stati il disinteresse anche da parte della Curia di Camerino, la mancanza di fondi e di un idoneo progetto. Coloro che avevano a cuore il restauro del monastero seguirono vari percorsi, mantenendo contatti frequenti per sensibilizzare la Soprintendenza e la Curia, cercarono fondi presso le banche e le comunità interessate alla riapertura. Nel 1996 fu interpellata la “Comunità Incontro” di don Pierino Gelmini, il quale accolse con entusiasmo la proposta di aprire un centro a Monastero, comprendente l’abbazia benedettina - camaldolese e la casa delle monache Clarisse (messa in vendita). Il sacerdote, rimasto colpito dalla bellezza del luogo e degli interni, ma anche dallo stato di abbandono, propose alla Parrocchia un contratto di comodato d’uso gratuito della durata di cinquanta anni. In cambio la Comunità Incontro s’impegnava al restauro completo del monastero e alle spese di manutenzione. Dava alla Parrocchia la facoltà di utilizzare la chiesa e la cripta quando voleva e s’impegnava a tenere aperta l’abbazia ai visitatori. Nelle trattative pesò la mancanza di fiducia reciproca, l’impossibilità oggettiva di stabilire dei termini di tempo per il completo restauro, e l’avversione apparentemente immotivata nei confronti di questo progetto. Purtroppo non si concluse nulla: la durata del comodato fu considerata troppo lunga e gli interessati chiedevano assicurazioni sulla conclusione dei lavori di restauro. L’Amministrazione Comunale di Cessapalombo preferì dedicarsi ad altri siti. Il comodato dell’antica abbazia fu preso “d’ufficio” da ragni, topi e pipistrelli. Finché giunse il terremoto del 1997 che danneggiò ancora di più lo stabile, aprendo numerose crepe nell’abside e nella cripta rendendola inagibile. Nell’elenco delle opere da restaurare in seguito al sisma è stata collocata al n. 998: troppo indietro rispetto alla gravità della situazione e ad altre chiese che avevano subito danni minori. Il progetto di restauro post-sismico fu stilato dallo studio dell’arch. Giuseppe Bocci. Nel frattempo i costi si erano lievitati a causa di altri lavori, resisi indispensabili, anche in seguito alla stesura della tesi di laurea della dr.ssa Simona Raponi. Questi eventi sfavorevoli hanno fatto sì che al momento di finanziare il restauro non fossero più disponibili i quasi ottocentomila euro necessari. Anche il progetto inteso a realizzare un punto d’appoggio del Grande Anello dei Sibillini, per rilanciare la piccola frazione rimasta con una trentina di abitanti, non ha avuto seguito. Comunque l’itinerario di 120 km per ammirare gli ambienti naturali, i paesaggi e il patrimonio storico culturale del parco Nazionale dei Sibillini, segnalato e articolato in nove tratti, passa a Monastero.

Da oltre un decennio, nella casa dove trascorrevano le vacanze le monache Clarisse fermane ha sede un centro della Comunità Incontro di don Pierino Gelmini. Alcuni ragazzi stanno uscendo dalla crisi esistenziale, superando il materialismo e l’ingannevole consumismo per comprendere il giusto senso della vita nella tranquillità bucolica della zona. Nella comunità si svolgono settimanalmente tre riunioni serali inerenti la casa, il lavoro e la formazione. In quest’ultima si tratta dei precetti della vita nel rispetto dei principi del vangelo, delle difficoltà e delle prospettive per il futuro. I residenti svolgono piccoli lavori di muratura, artigianato (producono icone e oggetti vari), dipingono, coltivano l’annesso orto, preparano la legna ed eseguono lavori di giardinaggio. I ragazzi tengono molto all’ordine perché da questo ne consegue un migliore assetto interiore della persona. Mi auguro che qualcuno raccolga l’eredità del buon padre Natale Sartini e s’interessi al restauro dell’abbazia per riportarla al suo antico splendore. Inoltre concordo con l’architetto Adriana Malpiedi quando nella sua tesi di laurea “San Salvatore di Monastero: Storia di una’Abbazia Romualdina nelle Marche” auspica che sia avviata una campagna di scavi archeologici sul lato sud dell’attuale edificio dove sarebbero sepolti i resti dell’antico monastero.

Eno Santecchia

by giovi

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