lunedì 10 marzo 2008

Una ricetta celtica

Nel IV secolo a.C. alcune tribù celtiche superarono le Alpi e raggiunsero le Marche settentrionali. Una di esse “ultima arrivata” chiamata Galli Senoni occupò il territorio fino al fiume Esino dov’erano stanziati gli Umbri. I Senoni esercitavano con successo il mestiere della guerra, anche mercenaria. In seguito oltrepassarono l’Esino, con i commerci e sconfinarono con qualche nucleo abitativo non troppo lontano da Camerino. Il termine Vallicelle potrebbe avere origine celtica. Dagli scavi archeologici effettuati nelle necropoli sparse nel territorio marchigiano e, al contrario di come ci hanno tramandato i Romani, risulta che i Senoni non erano affatto dei barbari selvaggi. Già decoravano riccamente le tombe e il loro stile di vita doveva essere più evoluto e raffinato. Ne sono esempi le due sepolture isolate di straordinaria ricchezza, scoperte a Moscano di Fabriano nel 1955 e a San Ginesio. Quest’ultima fu rinvenuta nel 1883, purtroppo molti pezzi lì ritrovati furono venduti al museo di Karlsruhe in Germania. Davanti alla chiesetta parrocchiale di Tuseggia (Camerino) si può ammirare una bella croce bianca in stile celtico. Secondo alcuni studiosi la battaglia di Sentinum, svoltasi nel 295 a. C nella zona di Sassoferrato, dove la coalizione gallica fu sconfitta dai Romani, avvenne in realtà nel territorio camerte. Un insediamento urbano di origini celtiche è venuto alla luce a Cessapalombo e oggetti di sicura provenienza celtica sono conservati nel museo archeologico di San Ginesio e nel paese di Pieve Bovigliana. Nella zona dei Monti Sibillini ci sono toponimi piuttosto interessanti come ad esempio il paese di Montegallo, il cui nome deriva da quello più antico di Castello di Santa Maria in Gallo, il paese di Penna San Giovanni, che contiene il termine penna, in celtico, indicante un’altura o monte e il monte Penna nel territorio maceratese, dove sorge l’antico castello di Pitino. In questa zona vi è riferimento a due animali particolarmente cari alla tradizione celtica: il cervo, a Fossa Cervara e l’Orso, a Valle Orsara. Tra gli animali venerati dai Celti vi erano anche le api, messaggere degli dei, simbolo di perfezione e d’immortalità per i Gaelici. I Celti hanno fornito un notevole contributo al formarsi dell’idea moderna di un’Europa senza primati di una nazione sulle altre. Il loro ricco patrimonio culturale, a lungo ignorato, lasciato in eredità, li fa apparire un popolo tutt’altro che emarginato, né tantomeno scomparso senza lasciare traccia.

Frantoio del 1500,Castello di Vestignano

A Vestignano lavora lo chef Silvano Scalzini che è da tempo un appassionato della storia e delle tradizioni celtiche. Lo chef nel suo piccolo ristorante ambientato nel vecchio frantoio del castello, ama ricercare piatti e ricette antichi. Nel corso delle sue ricerche amatoriali, è venuto a conoscenza che l’idromele era una bevanda sacra ai Celti. La bevanda rituale probabilmente nata in Africa Orientale, si otteneva facendo fermentare il miele con lievito e acqua di fonte. Nel corso delle sue ricerche enogastronomiche volte a riscoprire le origini e le motivazioni di ricette varie e loro ingredienti, lo chef ha iniziato a sperimentare abbinamenti poco conosciuti. Se volete assaggiare questa bevanda e provare degli abbinamenti culinari a tema, il ristorante di Silvano fa per voi. Tra le ricette, vi segnaliamo “Lo spezzatino di maiale all’idromele”. La carne di maiale è messa a cuocere in una pentola con aglio e rosmarino. A metà cottura si aggiunge l’idromele, alla fine si condisce con pistacchi e nocciole tostate. In occasione della mostra dedicata al pittore Simone De Magistris, questo piatto è stato inserito nelle ricette dedicate al pittore per i suoi colori giallo oro, verde e marrone; un tocco di colore manierista in più è dato dalle lenticchie rosso arancio, coltivate a Colfiorito.

Eno Santecchia

by giovi

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